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Vienna e la mia voce di vetro

A Vienna il cappuccino fa schifo! È ovvio che non lo sanno fare.

Sono scappata all’aeroporto ieri sera e il primo volo era diretto in questa città che non ho ancora capito se amo o odio. I ricordi si impossessano della mia mente e fanno a pugni dentro il cuore. Questa mattina mi sono persa all’interno di giardini immensi e dalle fronde morte, per un attimo mi sono fermata e ho fatto una giravolta su me stessa: non ho idea se io abbia iniziato a muovermi lungo linee del tempo in uno spazio che è solo mio…

In questo punto perfetto nonno mi teneva per mano e mi raccontava di sontuosità ed emozioni di personalità reali, chiedendomi poi se sentissi freddo. Eravamo passati davanti a una vetrina e io avevo visto una gonna in tulle nero. Avevo insistito per provarla. Tra le mani di nonno un sacchetto con quello che indossavo prima e addosso a me la gonna. In pieno inverno una bambina vestita come una ballerina con il cappotto… una ballerina tenuta per mano da un uomo gentile.

La follia…

Credo di aver perso di nuovo peso. Nello sguardo di chi ho intorno e in quello dei giornalisti che mi vivisezionano ogni volta, leggo la convinzione che io mi infili due dita in bocca per vomitare. Non li smentirò, che credano quel che meglio vogliono. Loro non possono sapere che non sono mai stata abbastanza coraggiosa da farlo, anzi, ne ho paura. Non lo so perché, potrebbe anche essere qualcosa di comodo ma non riesco a farlo… Nelle mie mille paure vi è anche questa. Impossibilitata a far uscire i demoni dallo stomaco…

Ieri mattina quando ci siamo svegliati, le tue dita si sono mosse lente sulle mie ossa e mi hai chiesto se avessi smesso di nuovo di mangiare. Ti ho risposto che non ho bisogno di un padre e nemmeno di una balia. “Ci vediamo stasera!”, mentre ti chiudevi la porta alle spalle. E… dieci minuti dopo, preparavo un trolley…

Ho vagato tutto il giorno e nello stesso preciso istante in cui sapevo saresti rientrato, ho strisciato la carta per un biglietto di sola andata per Vienna.

So già che ti sarai pentito di non aver lasciato qualcuno a controllarmi. Il re delle indagini che perde le mie tracce…

Tu ed io che cosa siamo? Te lo chiedi mai?

Vedo i tuoi demoni risvegliarsi dentro i miei a volte…

Un uomo mi fissa dalla panchina opposta a quella dove mi sono seduta. Potrebbe alzarsi e venire a puntarmi una pistola in mezzo agli occhi e io non avrei paura. Ci pensavo ieri sera mentre l’aereo per qualche secondo ha attraversato una turbolenza: io non ho paura della morte! Potrei fissarlo negli occhi e dirgli di premere il grilletto, ma non credo di volerlo più fare. Non mi amo ma non voglio morire…

Alzo il dito medio guardandolo dritto negli occhi, mi alzo e vado a perdermi dentro i demoni di qualcun altro. O dentro a un bacio…

È che mi sento in una sorta di labirinto emozionale e sono totalmente priva di una bussola che mi aiuti a riordinare pensieri e sentimenti… Sono di fronte alla paura… “Dora chiama le cose con il loro nome! Tu non hai paura, tu sei totalmente terrorizzata!”, la mia voce è di vetro oggi. Ho paura di quello che sento, delle barriere che ho tolto, ho paura del successo, ho paura di dare voce ai miei pensieri e poi accorgermi che è tutto sbriciolato a terra davanti alle nostre impronte. Del resto scappare da qualche parte lontana è una delle cose che so fare meglio…

Ho una foto dei nonni in tasca. Si tengono per mano… Li osservo e vado in mille pezzi… Li osservo e passo lenta le dita sulle cicatrici ai miei polsi…

Non sono stata educata alla felicità! Tutto il mondo sommerso che mi appartiene a volte mi soffoca e a volte mi spinge a ricercare la pace… Ma è tutto così difficile e ingarbugliato. Una madre passa la mano sulla guancia del suo marmocchio nel passeggino. Mi chiedo se avrò mai vissuto una scena così con la mia e dove sarà adesso.

“Tu sei felice?”, mentre ascoltavo la mia voce stropicciata dal risveglio, mi perdevo dentro le trasparenze dei tuoi occhi. “Dora, devi lasciare la presa. Ti stai annientando con le tue stesse mani.”  Forse dovrei essere felice, ma credo di non essere stata educata a questo.

Forse sono impazzita, perché ho difficoltà questa volta a restare ferma dentro un riflesso di questa vetrata immensa e guardarmi negli occhi…

Vienna è gigantesca e ci sono troppi vetri e troppi specchi qui…   

Vado a perdermi davanti a Klimt e poi torno a Parigi.

In 🎧: “Stanotte a Vienna” – Lory Muratti


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