“Partorire” Dora D. su carta è stato un processo naturale. La scrittura è qualcosa che mi appartiene da sempre. Non ho ricordi di me senza un foglio davanti e una biro in mano… Quando ero piccina, amavo tenere un diario. Ho una vera passione anche per gli articoli di cartoleria, vado completamente fuori di testa per gli oggetti in carta, le penne e le matite colorate. Spesso i miei regali consistevano in alcuni di questi articoli; ho sempre amato girare per i corridoi delle cartolibrerie e scegliere quaderni, fogli, raccoglitori ad anelli, pennarelli, pastelli… In borsa ho sempre un taccuino, un quaderno, qualcosa di carta dove segnare un’idea, una frase, un pensiero, un possibile personaggio. A volte lo faccio anche con le note del telefonino.
Mi piaceva scrivere a riguardo di quello che vivevo, cosa provavo. Da piccola ero timidissima, diciamo che non spiccicavo parola, le mie guance si arrossavano per un nonnulla. Sono cresciuta in campagna e contornata dal verde, quindi avevo molti amici a quattro zampe, un ruscello, un lago, parecchi volatili, qualche scoiattolo. Non guardavo molta tv, anzi quasi per nulla, ma seguivo Heidi e sentivo il suo legame con la montagna come il mio per la terra. Ero sempre all’aria aperta, praticamente in maniche corte e scalza anche col freddo. Uscivo nel bosco e ogni giorno scoprivo qualcosa che mi era sfuggito o che il giorno prima non esisteva. Mi costruivo storie nella mente e la sera spesso le mettevo su carta. Non le condividevo con nessuno.
Mi bastano uno sguardo, un sorriso, una pennellata bianca di una nuvola in cielo per farmi andare dentro quel mondo dove le parole prendono vita e non smettono di parlarmi, finché ho dato loro ascolto fino in fondo. Da sempre amo il silenzio, ma scrivo soprattutto con la musica in sottofondo o dentro le orecchie. Lo facevo allora che avevo una manciata di candeline sulla torta di compleanno e lo faccio oggi che di candeline ne ho spente… beh, qualcuna in più…
Qualche anno fa la vita mi ha regalato una situazione molto importante: mi sono fermata per un anno per una riabilitazione alla schiena. Il primo giorno che sono stata meglio, in grado di camminare e farmi accompagnare al lago, dopo essermi seduta su una panchina, ho pensato di voler dare vita a un personaggio femminile che fosse intenso, irriverente, completamente libero, fragile ma forte allo stesso tempo, incasinato, pieno di demoni, immensamente vivo…
Ho deciso di dare vita a Dora D. la protagonista di Pelle come carta.
Ho preso atto con altrettanta sicurezza che le avrei dato lo stesso anno per fermarsi e pensare a se stessa, alla sua vita, alle sue paure, al suo talento di pittrice e scavare dentro di sé. Ho iniziato ad ascoltare cosa avesse da dirmi, ho cominciato ad amarla in ogni sua sfumatura. A volte le ho attribuito caratteristiche di una Sara che non esisteva più, altre volte tratti di quella stessa Sara che era seduta sulla panchina e a volte anche un qualcosa che quella Sara avrebbe voluto ma che forse vedeva molto lontano. Ho semplicemente annullato tutto quello che sapevo di me stessa e ho lasciato Dora parlare. Pensavo a un argomento, a un’emozione che volevo farle vivere e le parole si mettevano in fila sulla carta… da sole. Lei è stata spesso davanti a me e mi fissava con i suoi occhi che, come i miei, sono di colori diversi. Mi ha presa per mano per farmi vivere dentro la sua vita. Nel processo evolutivo di creazione di un personaggio, un attore si trasmuta nel suo alter ego, io credo di essermi trasformata in silente. La ho lasciata con una penna in mano e uno specchio dove riflettersi…
Dora è stata un lungo viaggio, un percorso dentro l’animo umano…
Un meraviglioso cammino in punta di piedi nelle infinite sfaccettature dell’essere al femminile, anche se ora, a distanza di tempo dalla pubblicazione, in molti uomini mi hanno confidato che in Dora ci si sono rivisti, eccome. Dora li ha destati, li ha aiutati a risentirsi vivi… a ritrovarsi.
Non avevo grandi aspettative o intenti, ma sentivo di voler scuotere i cuori raccontando la vita di questa donna che dipinge e che si ritrova a pubblicare il proprio diario svelando così ogni sfumatura della sua anima in lotta con se stessa.
La scrittura è in versi e in prosa. Non vi è indice perché ho deciso che è un elemento privo di significato; vi sono due liste della musica poiché Dora vive con le cuffiette e ascolta quegli stessi brani che ho inserito alla fine di ogni capitolo. Sono quelli che avevo dentro le mie orecchie mentre scrivevo di lei.
Qui puoi trovare le due playlist in YouTube, nel caso tu voglia averle pronte se leggerai il romanzo o se avrai voglia di riascoltare questa musica anche dopo averlo letto o semplicemente perché potrebbe essere della buona musica.
https://www.youtube.com/@pellecomecarta-sarapinton7208/playlists
Adoro che mi si regalino libri e adoro regalarne, anche senza una ricorrenza o un motivo. Provare amore per qualcuno, una madre, un amico, un uomo, per me è già un motivo valido per celebrare con un libro dentro a una carta ben piegata e sigillata da nastro dorato. Quindi, che sia per voi o per qualcuno che amate, spero Dora vi entrerà dentro così come ha fatto con me, quando ne scrivo o anche solo quando ne parlo. Mi dicono spesso che si percepisce quanto sia viva e questo mi riempie di felicità…
Regalate queste pagine a chi amate, a chi si sente sbagliato, a chi ha un sogno nel cassetto, a chi sta sbocciando, a chi ha bisogno di un piccolo aiuto per mettersi in discussione e toccare la felicità, a chi pensa che non c’è nessuno che lo comprenda, a chi si sente solo o abbandonato a se stesso…
Dora non è il personaggio di un romanzo. No, Dora è un pezzo di ogni donna, di ogni uomo. Dora è forte, Dora è fragile. Dora è senza filtri, Dora non ha nulla da dire. Dora è tutto un mondo silenzioso che sta per esplodere urlando…
Perché Dora ti si infilerà sotto pelle… Perché Dora è felice e poi è disperata… nello stesso istante. Perché si guarda allo specchio e non si riconosce, così come è accaduto a ognuno di noi, almeno una volta nella vita…
Perché Dora si guarda negli occhi e si domanda chi sia veramente…
Perché Dora ha una sola certezza: non sapere nulla. Crede di aver “trovato” la sua strada e poi è convinta di essersi persa in un labirinto che non ha uscita…
C’è una Dora che cerca amore e c’è una Dora che non è in grado di amare…
Mi sono fatta prendere per mano da lei… e con lei ho preso per mano ogni anima che ha traballato dentro la propria delicata sensibilità. Quante volte guardandoci riflessi nello specchietto dell’auto e scoprendo magari una ruga al lato di un occhio, abbiamo pensato di sapere quale sia stato l’istante preciso in cui si è formata o addirittura abbiamo avuto la certezza di conoscere anche il nome proprio da dare a quella ruga?
E se poi tutto quello che abbiamo dato per scontato e vissuto ci accorgiamo che molto semplicemente non ci appartiene più? E se proprio davanti a quello stesso specchio, amato e odiato milioni di volte, pronunciassimo un: “Io non sono davvero io! Sono solo il risultato di un certo tipo di pensiero, di atteggiamento, di educazione, di auto sabotaggio, di un amore malato, di un luogo fisico… di una mancanza o di una overdose…”?
Perché leggere di Dora quindi? Perché Dora destabilizza, Dora ti butta in faccia la realtà… Dora, forse, mettendosi a nudo, ti aiuterà a vederti riflesso dentro lo specchio accanto a lei e a capire chi tu sia veramente e cosa davvero tu voglia dalla tua vera essenza…