Amo profondamente il mio lavoro! Un giorno, prima o poi, mi prenderò del tempo per raccontarvi cosa significa scrivere per me e del perché io abbia scelto di essere anche ghostwriter. Sì, vi parlerò delle mie scelte del cuore…
L’altra mattina ero in call con un autore con il quale sto collaborando per la scrittura della sua biografia e, a un certo punto, gli ho domandato come avesse vissuto l’evento di essere diventato padre…
L’ho osservato fissarmi oltre lo schermo, sistemarsi sulla sua poltrona e poi, mentre mi sorrideva, la risposta è arrivata secca, chiara, a piena voce: “Ogni uomo mira all’immortalità…” e così, dopo l’incanto che ho provato a stare lì immobile ad ascoltarlo, mentre citava poeti antichi e avvenimenti di famiglia con la stessa enfasi, è stato inevitabile pensare, una volta spento il pc, a cosa significhi anche essere figli.
Quest’uomo, che ha un’età che potrebbe essere quella di mio padre, me lo ha ricordato in alcune sue affermazioni e nel suo avere un senso di giustizia e onestà che so essere uno dei miei “patrimoni di vita”…
Mentre ieri sera mi sedevo di fronte al mare e osservavo un gabbiano, animale del quale ho sempre ammirato la capacita di volare, ho pensato a un giorno in cui, molti anni fa e dico molti, mi sedetti a una scrivania proprio davanti a mio padre e mia madre per affermare che “avevo un gran casino in testa” perché non riuscivo a scegliere la facoltà a cui iscrivermi…
Nel corso degli anni ho pensato spesso alla loro risposta, quella di genitori, parole che io non ho mai pronunciato dato che non ho figli: “Non possiamo scegliere noi, possiamo però cercare di aiutarti a fare chiarezza. Sei tu che devi sentire cosa vuoi fare. Si tratta della tua vita, della tua libertà di scegliere…” e, dopo quelle ore di confronto, ci misi ancora alcuni giorni, sette per la precisione, immersa nella mia mente e in mille domande, prima di compilare i moduli di adesione.
È mai esistito un gabbiano che avesse paura di volare o non avesse chiaro in quale direzione andare? Quante volte mi sono posta questa domanda, sia in senso metaforico che reale?
Mio padre ha lasciato il suo corpo anni fa… Ho passato con lui i suoi ultimi tre mesi di vita, intendevo fargli comprendere come la mia scelta di libertà mi portasse a voler essere lì accanto a lui in ogni istante di ciò che ci restava di fisico del nostro essere padre e figlia…
E, ieri sera, mentre guardavo l’orizzonte, mi sono chiesta se lui e mamma sono immortali grazie a me. Credo che non siano solo le mie cellule a renderli tali, ma anche quelle parole, quegli insegnamenti che mi hanno trasmesso da quando li ho scelti come genitori in questa incarnazione. Le parole che scrivo io oggi ci rendono immortali?
Ho così iniziato a vagare con la mente, e anche con il cuore, ritornando alla call…
“I figli spesso deludono i genitori, io mi sono sentito così. Però devo dire che anche loro si sono sentiti delusi da me” e di nuovo ho pensato a me stessa.
Io mi sono sentita delusa? Che tipo di figlia sono stata? Quante volte mi sono posta questa domanda nel corso della mia vita? Molte, moltissime volte. In parecchie mentre mettevo a tacere il senso di colpa che si imbarcava con me con in mano un biglietto di sola andata… Ricordo benissimo gli occhi lucidi di mia madre ogni volta che le dicevo che l’avrei chiamata appena possibile, ma di non aspettarsi troppo… Rammento ancora le mie lettere scritte a mano e spedite da luoghi “improbabili”.
Una cosa è servita tantissimo: quando entrava in gioco il meccanismo del sentirmi in dovere di fare qualcosa o nel momento in cui mi sentivo delusa come figlia, ho provato e imparato a spostare lo sguardo per vedere i vissuti da un’altra angolazione. Cercare di comprendere.
Ho deluso uno di loro? Mi stavo spostando lungo la direzione del cercare di esaudire le aspettative? Mi sono mossa spinta dal mio senso di ribellione o mi sono mossa verso quel punto semplicemente per il fatto che stavo cercando il mio posto nel mondo, portando avanti la scelta della mia libertà? Questo ragionamento sembra un labirinto, ma posso assicurare che ti fornisce una visione diversa e ti offre la possibilità di fare chiarezza, di comprendere come alcune cose perdono valore e altre, al contrario, ne acquistano…
Questione di qualità e non quantità.
Con il tempo, crescendo e masticando domande, risposte e corsi di consapevolezza o crescita interiore, chiamali come vuoi, ho avuto la possibilità di spostare non più solo lo sguardo, ma anche la percezione vera e propria del tutto di fronte all’uno. La percezione che poi si fa nuova azione.
Man mano che cresci, ti rendi conto di come le parole cambino, di come la pellicola di quel film che ti sei fatto mille volte nella testa prenda colori diversi, di come i ricordi a volte sembrino distorti o più nitidi mentre tu li credevi l’esatto opposto…
Una cosa è certa: non importa se tu sia il genitore o il figlio, perché come essere umano ognuno di noi cerca di fare del suo meglio. Arriva un giorno in cui comprendi tutto questo, arriva un giorno in cui compi anche l’atto di perdonare l’altro e pure te stesso e arriva anche il giorno in cui quelle parole, che hai udito un tempo, risuonano: “Nessuno può decidere al posto tuo… Perché è la tua vita!” e in quel preciso istante ti senti leggero.
Nessuno può decidere per te come figlio e nessuno può decidere per te come genitore. Prima di qualsiasi cosa o ruolo tu devi essere te stesso.
Per quel che mi riguarda, so di non essere di sicuro stata una figlia “semplice”. Ho sempre avuto una consistente “fame di vita” che mi spingeva a non avere troppe regole, paure o limiti; sentivo che dovevo conoscere, andare a toccare con mano, non avere orari o elementi limitanti e non importava che avessi quattro anni o diciotto…
So anche che, a un certo punto, quella che ritengo la libertà è stata anche la libertà di prendere posizione sul fatto che nessuno di noi appartiene ad alcun altro, se non a se stesso appunto. Ho imparato che o accetti gli altri così come sono, oppure non puoi averli nella tua esistenza, ho constatato che quando ti ami, non vuoi permettere a nessuno di cambiarti e che a volte se non vi è più possibilità di compromesso, allora alcune strade si divideranno. La geometria è di gran insegnamento in questo.
E allora, forse, alcuni genitori si sentiranno traditi, come l’uomo dell’altra mattina, altri si sentiranno orgogliosi per quell’essenza libera di figlio che ha sfidato gli stessi limiti e aspettative che gli erano stati “trasmessi inconsciamente”. Quel figlio, un giorno, ripensando a molte situazioni vissute, comprenderà come, crescendo, le lenti con cui guarda il mondo sono mutate e si sentirà grato e pieno di vita.
Non è stato semplice riconoscere e accettare alcuni aspetti del mio vissuto, non è stato semplice a volte perdonare i vari attori del mio film o perdonarmi, ma so che sono grata e orgogliosa delle scelte che ho visto fare ai miei genitori e sono altrettanto grata e orgogliosa di quelle che ho compiuto io stessa per me stessa o nei confronti del rapporto che ho costruito e vissuto con loro perché ogni granello di quel tempo so che resta immortale dentro a una parola che ritengo tra le più belle e importanti e che pronuncio o scrivo spesso: AMORE.
Essere immortali significa risuonare alla vibrazione dell’amore perché è attraverso questo che abbiamo la possibilità di modificare quella delusione che sentiamo nel cuore… Non è più questione di creare una discendenza che porti il nostro nome.
Credo che, la prossima volta che mi metterò davanti al mio pc per approfondire la vita di quest’uomo immenso che vuole tramandare la sua storia, prima di iniziare con le domande del giorno, lo prenderò per mano e cercherò di portarlo a vedere la sua immortalità con gli occhi dei suoi figli e anche un po’ con i miei, che figlia lo sono ancora, e lo aiuterò a ricordare come si sentiva da figlio che aveva grandi sogni in un ambiente che di grande non aveva nulla…
Perché le parole che metteremo dentro al suo libro resteranno immortali quanto il DNA che ha trasmesso nei corpi di figli e nipoti e mi piacerebbe poter pensare che lui si renda conto che se i suoi figli lo hanno “deluso” è perché hanno usato e spiegato quelle ali che lui ha fatto loro conoscere e che in fondo sono un pezzo di quelle stesse ali immortali che vivono e vivranno per sempre dentro le parole LIBERTÀ e AMORE che non dovrebbero mai avere limiti.
Sono del resto queste due parole che hanno reso la sua vita tanto fuori dalle righe, tanto dal voler lasciare un pezzo di immortalità a chi lo ha conosciuto e a chi verrà dopo di lui e che l’avrà solo sentito nominare.
Io so che il mio pezzo di immortalità esiste, vive dentro di me grazie a mia madre e mio padre e sono grata di aver avuto la possibilità di dirci tutto questo guardandoci negli occhi e indossando il nostro abito migliore: uno sguardo d’amore.
Ora vi metto uno dei miei brani da ascoltare “in cuffia” e forse qualcuno lo troverà banale, ma non me ne frega nulla. Ascoltatelo e, poi, che siate genitori o figli non importa… Se vostro figlio, se vostro padre possono ancora rispondere al telefono, chiamatelo. Se vi sentite delusi da lui, non mettete il muso, ma diteglielo e spiegategli il motivo. E poi, state in silenzio e ascoltate le sue di motivazioni… Perché un giorno potrebbe essere tardi e potrebbe essere che quella delusione vi divori e potrete “andare a lavorarci” solo con qualcuno di estraneo (uno strizzacervelli, il diavolo, o una ghostwriter capitata per caso nella vostra vita…), ma non con il diretto interessato… Smettete di volere che gli altri facciano ciò che ritenete voi “giusto”, giusto per loro o giusto per voi stessi… Siamo dei gabbiani e dunque destinati un giorno a volare… anche in direzioni non previste o fuori dalle rotte più comuni… Rompete questo circolo vizioso… e solo allora potrete dire di essere immortali.
Provate a spostare lo sguardo, non chiedo altro…
Grazie.
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