Questa non è una foto presa dal web, non è la foto di un’agenzia di viaggi che propone una spiaggia deserta e incontaminata. No, è una foto scattata da me… Quelle impronte nella sabbia sono le mie…
È una delle foto che più mi “appartiene”.
Mi emoziona ogni volta che la rivedo e, se chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, io torno lì. Posso tornare lì ogni volta che voglio… anche ora che sono sul divano di casa… L’ho fatto spesso e continuo a farlo.
Se facessi lo stesso scatto ora, forse le impronte potrebbero sembrare le stesse, ma il peso, la forza e l’essenza dell’anima di chi le lascia sarebbero altro.
Immagino come potrebbero essere i contorni…
Definiti ma, al tempo stesso, sfuocati… a seconda dei passi.
Questione di vento anche. Lui, il vento, è stato uno dei miei compagni di queste camminate, era con me quasi ogni giorno. Avevo i capelli lunghissimi e li lasciavo sempre sciolti. Me li scompigliava in ogni istante, a ogni alba.
Ricordo una mattina che era molto forte e la chioma mi andava sugli occhi, come una sorta di benda. La sabbia riempiva l’aria come fosse nebbia. La mia mano liberava lo sguardo ma… sembrava quasi che mi arrivasse uno schiaffo a ogni folata. Decisi di non fare nulla, anzi, chiusi gli occhi e proseguii cieca… Cieca nello sguardo. Vedevo con gli altri sensi!
Fu meraviglioso…
Da quella mattina questo divenne il rituale del mio incontro con la luce, il vento e poi il buio. Questo modo di iniziare la giornata si stava rivelando un’esperienza stupenda e stupefacente. Un atto sacro.
Avevo l’abitudine di uscire a correre prima dell’alba, non mettevo mai la sveglia, ma dal pieno sonno spalancavo gli occhi all’ora “perfetta” e… per giorni e giorni… e giorni… non ho mai incontrato nessuno…
Io ero la sola a lasciare quelle impronte.
Avevo un unico desiderio: stare in silenzio con me stessa. Ascoltavo il vento, le onde, il rumore del mio respiro che ansimava quando correvo forte, oppure calmo quando decidevo di camminare lentamente.
Percorrevo chilometri e chilometri e poi mi sedevo a bordo acqua a gambe incrociate. In quel preciso istante cercavo di dare ascolto a tutto il rumore assordante col quale ero partita e che risiedeva nella mia mente…
Ricordo una mattina che mi tappai le orecchie con le mani e mi dissi che era arrivato il momento di esplorare… alla ricerca del silenzio dentro…
Qualche giorno dopo organizzai un rientro nel mondo degli umani e prenotai un’escursione in uno dei siti archeologici. Quando la guida disse che voleva cambiare i programmi di tutto il gruppo perché due partecipanti erano in infradito e non avrebbero potuto addentrarsi nella foresta e tantomeno salire le piramidi, io sbottai. Mi rifiutai di cambiare il tour, dissi che i due non potevano causare la perdita dell’escursione di tutti. “Me ne frega un…, ho pagato 150 dollari per questo e questo avrò.” Il resto del gruppo, forse, approfittò di me per dare voce al suo pensiero e così tutti, a parte i due in infradito, visitammo quel mondo creato millenni di anni fa immerso nel verde. La sua bellezza e la sua pace mi fecero scoppiare il cuore di emozioni mai provate prima. Mi sentii una formica di fronte a un gigante. La sera, di nuovo seduta in solitaria sulla spiaggia, capii che avevo avuto una reazione “eccessiva”, vi era in me ancora molta rabbia da tirare fuori… Pensai che un po’ di solitudine non mi avrebbe fatto male. I miei ritmi lenti sarebbero stati perfetti ancora per un po’ di tempo… Avrebbero potuto prendere per mano quella rabbia, ascoltarla e accarezzarla. Non mi importava quanto tempo ci avrei messo…
Prima di dormire, con un kajal nero feci un cuore sullo specchio del bagno e ci scrissi dentro: “Io e me stessa”.
Avevo ancora così tanto da capire, imparare, comprendere ed esplorare di quella me stessa e del mondo. Ero partita pensando che, di fronte a molti elementi, ogni minuto mi sembrava perso, buttato via, mentre ora tutto stava rallentando e dando sensazioni nuove.

Seduta di fronte all’oceano e dentro il vento, cercavo di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle della mia vita… Riflettevo su quello che le persone percepivano di me, si aspettavano da me e su come mi sentivo. Mi ritrovai a ragionare spesso sul concetto di giudizio. Quando mi ero imbarcata con un bagaglio unico e un biglietto di sola andata, una ragazza, che mi confidò viaggiava sempre con qualcuno, mi disse che per lei era impensabile quello che avevo scelto di fare. Mi chiese dove trovassi il coraggio…
Io non mi ero sentita coraggiosa. Ero abituata a stare da sola e viaggiare anche per lunghi periodi e mai avevo pensato che quello fosse un atto di coraggio. Era la mia “normalità” e poi… avrei voluto aggiungere che “stavo semplicemente scappando da qualcosa che non avevo ancora ben compreso”…
“Staccare la spina da tutto e tutti”, si dice così no?
Beh, io l’avevo fatto comprando un biglietto di sola andata per l’altra parte del mondo…
Dopo molti giorni da quell’escursione, dopo burrasche, venti forti, capelli scompigliati, fiatoni da corsa mattutina e altro, maturavo la certezza che tutto quello da cui ero fuggita mi aveva assolutamente inseguita fino a lì…
Le mie mille domande, il subbuglio, il mio passato, il futuro ignoto, i dubbi, le aspettative del mondo e i miei desideri timidi…
E, se prima, accanto alle mie impronte, mi pareva di scorgerne molte altre, dopo mesi iniziavo a vedere solo i miei piedi che tracciavano il percorso con ritmi completamente diversi… decisi e in pace.
Stavo piano piano capendo che non era più questione di coraggio, di amore, di sofferenza, o chissà cosa. Dovevo mettere da parte tutto quello che sentivo e sapevo di me stessa e della vita se volevo la vera conoscenza.
Mi ero concentrata su una minuscola parte… un tassello del puzzle… Mi ero incaponita di fronte a cose, persone e situazioni senza mai cambiare il punto di osservazione. Immergevo la mano nella sabbia e poi la aprivo per assistere a una nuvola che si diradava. La sabbia di questo posto era davvero inconsistente, ma col vento era in grado di accecarmi in un secondo.
Quanti granelli di polvere nella mia vita? Quanti ne avevo messi sotto al tappeto?
E allora, forse, arrivò il coraggio…. Quello vero…
Coraggio è stato decidere di mettere, con uno sguardo nuovo, un piede dopo l’altro su una spiaggia deserta e incontaminata. Non ero più lì per scappare ma perché ci volevo davvero stare.
Coraggio è stato decidere di aprire la scatola del puzzle dei granelli di polvere senza avere la foto in copertina e iniziare a comporlo dai quattro pezzi del bordo, andando per tentativi. Mi ero accorta che avevo mischiato in un’unica scatola più puzzle. Alcuni non erano nemmeno miei. Era arrivato il momento di lasciarli andare o cederli ai proprietari.
Un giorno, mentre sceglievo un dolce da mangiare a colazione, mi fermai e decisi di fare una colazione salata. Avrei deciso daccapo cosa mi piaceva e cosa no. Con calma e con un nuovo senso del gusto…
Non aveva più importanza quanto tempo ci avrei messo… Me lo ripetevo di nuovo come fosse un mantra.
E così, piano piano, ho imparato anche a non definirmi più con alcun termine. Mi concedo di essere coraggiosa ma anche di avere paura. Tutto anche in un solo istante, in un frangente di pochissimi minuti…
A oggi, ringrazio quei due sconosciuti che volevano fare gli escursionisti con le infradito, perché senza di loro non mi sarei organizzata il resto della mia permanenza in totale solitaria.
Mi sarei persa la riscoperta di quell’anima femminile che decise di andarsene cieca e bendata e con le mani sulle orecchie dentro la sua vecchia vita per accogliere quella nuova…
Nel bel mezzo di una notte dove ci fu un acquazzone, uscii in veranda a osservare il buio. Poi sotto la pioggia e andai a sedermi a bordo oceano. Affondai le mani nella sabbia. Era compatta. Tutti quei granelli si erano appiccicati alla pelle e infilati sotto le unghie… non potevo sbriciolarli in polvere…
A quel punto, con le mani sporche e inzuppata, tornai a dormire. I granelli di sabbia? Non li cacciai sotto il tappeto, li portai a dormire. In fondo, la me che era lì in quel preciso istante era composta anche da ognuno di loro e chissà, forse, l’indomani si sarebbero asciugati al sole e sarebbero volati via da soli nel momento in cui avrei steso al vento le lenzuola…
In 🎧:Ayla Schafer – “Vuela con el Viento”
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